C'è un fondo lucente
che il ciglio leva,
c'è l'umano vago
che dolce cura
e tutto s'avvale di tono ingegno.
Figura enigmatica quella di Giorgione e scarse documentazioni contemporanee possono arginare i fiumi che imperversano sulle analisi critiche dei suoi quadri. Certamente, desta perplessità rilevare che solo otto opere sarebbero a lui attribuibili, di matrice giorgionesca è il Tramonto. Tutto questo alone di misteriosità non ha impedito di riconoscere Giorgine come uno tra i più noti pittori del Cinquecento.
Da questa tela, datata intorno al 1510, si evince l’innovativo concetto di paesaggio, una pittura poetica di atmosfera basata sulla luce, sul colore. Possiamo immaginare la profondità di questo luogo ove, gli oggetti in lontananza ci sembrano molto più distanti e l’esile fusto - al centro della composizione- contrasta con il fogliame delle chiome laterali.
In primo piano, due viandanti osservano il piccolo mostro beccuto che sbuca al centro del laghetto.
Sulla destra vediamo San Giorgio con il cavallo che è una ricostruzione di un restauratore del 1934. Questo apporto era finalizzato a coprire una zona di colore sfaldata e a portare a termine l’immagine che originariamente prevedeva anche la coda di un drago.
Difficile l’interpretazione dei personaggi seduti, potrebbero essere san Rocco, pellegrino medievale francese che si ammalò di pestilenza mentre curava i malati, ed il suo compagno Gottardo, che curava le ulcerazioni nelle gambe del santo.