Come poesia
è un nobile flusso
quello che anima
uno spirito inquieto.
Non è possibile parlare di “sublime” senza fare un breve accenno al celeberrimo quadro ottocentesco “Il viandante sul mare di nebbia” di Caspar David Friedrich. Quest’opera, manifesto del Romanticismo tedesco, esprime la poetica del pittore: il sublime. Il tipico sentimento dell’esule che viene trasposto nel senso di spaesamento dell’uomo che davanti alla maestosità della natura evidenzia la limitatezza e la piccolezza della sua umanità.
Il soggetto di spalle coinvolge l’osservatore che s’immedesima proprio in quel viaggiatore solitario, tema quest’ultimo caro ai romantici, privo di fisionomia ed estraneo alla realtà.
Egli è intento a contemplare lo scenario e sembra far navigare i suoi pensieri in uno spazio infinito, illimitato.
Il nostro smarrimento viene alimentato dalla natura circostante: rocce che emergono misteriosamente, montagne irte che s’intravedono in lontananza; tutto pare avvolto da una foschia inquietante che a livello cromatico non contrasta con il cielo.
Katia Catalano